Un piano occulto (?) per la conquista dell’Italia
Forse è fantapolitica o forse sto ragionando come un tifoso di calcio ma è già da un pò di tempo che, tutta una serie di eventi, mi fa pensare che ci sia un vero e proprio disegno per l’invasione del nostro Paese.
Ormai è un dato di fatto che, i Paesi occidentali, non si conquistano più con i carriarmati ma con le manovre economiche e finanziarie. E più analizzo tanti singoli episodi, apparentemente slegati tra loro, e più i puntini si uniscono a formare un disegno preciso.
Innanzitutto, ricordiamoci che l’Italia è un paese estremamente appetibile per una serie di motivi:
1) La sua posizione geografica
2) Il know how di assoluta eccellenza in molti settori
3) La ricchezza (risparmio) dei suoi abitanti
4) Lo scarso senso nazionalistico degli Italiani
Il movente c’è.
Vediamo i fatti:
1) Tutte le analisi e giudizi che vengono fatti dalle agenzie di rating o dagli organismi internazionali tendono sempre ad evidenziare le criticità dell’Italia, obbligandoci a provvedimenti che, a conti fatti, ne bloccano lo sviluppo. C’è da chiedersi, come mai, Paesi molto più indebitati di noi ottengono trattamenti molto più soft. Un esempio per tutti: nelle valutazioni viene preso in considerazione sempre e solo il debito pubblico italiano e mai il debito complessivo che cambierebbe radicalmente la situazione. Se, infatti, come Paese siamo tra i più indebitati, la situazione cambia radicalmente nel debito privato dove siamo tra i più virtuosi. In poche parole, se guardiamo al debito complessivo di un paese (pubblico + privato) come la logica imporrebbe, la posizione dell’Italia sarebbe molto diversa;
2) Nonostante il sistema bancario italiano sia, per come è strutturato, uno dei più solidi al mondo e gli avvenimenti di questi ultimi anni lo dimostrano, visto che le banche italiane sono quelle che hanno ricevuto meno aiuti (a parte qualche eccezione), tutte le recenti normative e procedure, si concentrano nel limitarne l’operatività. Questo, non vuol dire che le nostre banche non abbiano problemi in senso assoluto, anzi; solo che le altre non stanno messe meglio: capita però che negli stress test sia valutata meglio una banca straniera che ha più derivati in portafoglio rispetto ad una italiana. Come mai?.
Cominciamo ad unire i puntini, semplificando al massimo:
– Il paese è obbligato a misure restrittive che inevitabilmente portano ad un aumento delle tasse ed ad una diminuzione degli investimenti;
– Il sistema bancario è concentrato a sopravvivere e di fatto è paralizzato.
Crollano i consumi interni, l’occupazione e diminuisce la competitività delle esportazioni per i costi finanziari. Le aziende vanno in crisi e a questo punto entrano in scena gli investitori stranieri ed il gioco è fatto.
Per avere un’idea basti pensare che dal 2008 al 2012 437 aziende italiane sono passate nelle mani di acquirenti stranieri.
Ditemi voi se questo non è un vero e proprio piano di invasione.
A parte gli ultimi casi come il passaggio della maison di moda Krizia in mani cinesi e la cessione di Poltrona Frau alla statunitense Haworth, non c’è settore merceologico che non sia meta di conquista.
Dai cioccolatini Pernigotti, ceduti dai Fratelli Averna ai turchi Toksoz, alla griffe del cachemire Loro Piana, ceduta alla holding francese Luis Vuitton Moet Hennessy (Lvmh), che già include simboli assoluti come Bulgari, Fendi e Pucci.
Unilever, multinazionale anglo-olandese, è proprietaria dell’Algida, del’olio d’oliva Bertolli (poi ceduto alla spagnola Sos Cuetara che già controlla Carapelli e Sasso), delle confetture Santa Rosa e del riso Flora.
La francese Lactalis ha acquistato la Parmalat e i marchi Galbani e Invernizzi, Cademartori e Locatelli; la Nestlé è proprietaria di Buitoni e Sanpellegrino, Perugina, Motta e l’Antica Gelateria del Corso; SABMiller (sudafricana) ha acquisito la Peroni. E potrei continuare.
E noi cosa stiamo facendo per difenderci? Niente. Magari. Invece di difenderci stiamo consegnando le chiavi della città.
A partire dai nostri governanti degli ultimi decenni che non sono mai stati capaci di battere i pugni sul tavolo come seppe fare de Gaulle per la Francia. O per lo scarso senso nazionalistico che non ci fa cantare l’inno nazionale o fare fronte comune di fronte allo straniero.
Un esempio? Il servizio di Report di ieri su Moncler. Con questo non voglio difendere nessuno anche perché, se quello che ci hanno mostrato è vero, l’azienda è indifendibile. Ma un servizio su come vengono prodotte le Nike o le Adidas l’hanno già fatto?